L’ho sempre sostenuto, bisogna porsi con molta umiltà nei confronti dei bambini perchè, non avendo molti dei filtri che in noi sono oramai radicati, ci mostrano alcune cose in maniera schietta, semplice, cristallina.
Ho la fortuna di averne due di bimbi, entrambi splendidi, che non smettono mai di sorprendermi. Ed è proprio l’altra sera che Giovanni, il “grande” di 3 anni e mezzo, ha fatto una cosa che mi ha stupefatto. Nono, niente di quello che le mamme dicono “Ohhh, non sai com’è bravo mio figlio!”, niente di eclatante. Una cosa talmente semplice da risultare impressionante.
E’ un periodo duro per me, lavoro molto e, la sera, mi capita spesso di addormentarmi sul divano mentre vedo la tv per risvegliarmi in piena notte ed andare a dormire. E questo successe quella sera. Solo che quando mi sono svegliato, accanto a me c’era Giovanni. La mamma lo aveva messo nel suo lettino, lui si era addormentato ma poi aveva fatto quello che io chiamo “un incubino” e voleva il suo papà a confortarlo, voleva il suo abbraccio. Si alza dal suo lettino (ovviamente l’ho ricostruito dopo), apre la porta della camera da letto di mamma e papà ma trova solo mamma, con mezzo lettone libero. Ma lui non voleva stare comodo, voleva il suo papà. Viene nel salone, mi trova sul divano, vede che dormo e sa che sono stanco. Non mi sveglia. Non so come si arrampica sul divano accanto a me, sposta il mio braccio e se lo mette attorno al suo corpicino e, così, metà dentro e metà fuori dal divano, si addormenta, tranquillo per l’abbraccio del suo papà, tutto con una tale delicatezza ed in un tale silenzio da non farmi accorgere di nulla.
Quando mi sveglio, non ricostruisco tutto subito ma la cosa mi emoziona: lo porto nel suo lettino e provo ad andare a letto. Giovanni immediatamente si accorge di essere solo e mi dice: “Papà, vieni con me nel lettino?” ed io, ovviamente, ci sono andato.
Bene, forse sarà una cosa stupida, ma a me è parso un gesto di amore e di altruismo enorme: Giovanni ha preferito stare scomodissimo sul divano già occupato, fare tutto nel massimo silenzio per non svegliarmi ma, a qualsiasi costo, stare col suo papà. Mi sono sentito piccolissimo: piccolissimo per tutte le volte che mi chiede di giocare con lui e sono stanco, per tutte le volte che mi chiede di raccontargli una storia ed io voglio vedere la televisione, per tutte le volte che mi chiede di portarlo al parco ed io vado a lavorare.
Da quella sera mi sono ripromesso che, quale che sia l’ora in cui torno a casa e quale che sia il mio livello di stanchezza, dedicherò buona parte della serata ai miei figli: facendo assieme una passeggiata in macchina, andando alle giostrine del parco piccolo quando non c’è nessuno (a loro piace molto), giocando a “ualà” ed al “trenino” sul lettone finchè non è pronta la cena, leggendo le loro storie preferite. L’ho fatto ogni sera finora (poche sere a dire il vero) ed il risultato è stato bellissimo: non faccio in tempo a togliermi il cappotto che i miei bimbi mi tirano perchè è arrivato il momento di giocare con loro e per loro (e per me) è un momento magico. Giovanni non fa più capricci, mai, ma, parlandogli con dolcezza, ascolta e dialoga con me su tutto (anzi, è lui che vuole spiegazioni su tutto) oltre a tantissime altre cose che non starò qui a scrivere.
Per cui, grazie Giovanni, mi hai insegnato qualcosa di nuovo, qualcosa di bello, qualcosa di dimenticato. Senza offendermi, senza puntarmi il dito contro, come solo i bambini sanno fare, mi hai insegnato un po’ di più come essere padre. Mi hai spiegato l’amore, mi hai illustrato l’altruismo. Perciò grazie, spero di essere degno dei tuoi insegnamenti e di riuscire ad apprendere ancora molto da te e dalla bellissima Chicca.
Grazie.